Clicca per aprire il menu

La riserva ovarica

paola zamperini

La riserva ovarica

LA RISERVA OVARICA

Ad oggi non esistono indici universalmente riconosciuti di fertilità ovulatoria; è però possibile ottenere informazioni, con buona approssimazione, sulla riserva ovarica cioè il probabile stato di fertilità e sulla previsione di risposta ai trattamenti farmacologici di stimolazione dell’ovulazione.
Per riserva ovarica si intende il patrimonio follicolare, e quindi ovocitario, presente in un determinato momento della vita di una donna. Essa esprime due aspetti strettamente correlati:
• La quantità ovocitaria cioè il numero di follicoli presenti nell’ovaio. Questo parametro è correlato alla durata della vita riproduttiva e determina l’età nella quale una donna entrerà in menopausa a causa dell’esaurimento follicolare. Donne della stessa età hanno un patrimonio follicolare differente e questo giustifica la grande variabilità del range di normalità della menopausa che si estende per un periodo di circa 18aa dai 40 a 58 aa di età.
• La qualità ovocitaria, parametro quest’ultimo correlato alla fertilità e di più difficile valutazione. Secondo la cosiddetta teoria della ‘linea di produzione’ di Henderson e Edwards (1968) la qualità ovocitaria sarebbe stabilità nel corso della vita fetale e gli ovociti geneticamente e strutturalmente più stabili verrebbero resi disponibili nei primi anni di vita riproduttiva mentre quelli di bassa qualità verrebbero usati prevalentemente nel corso degli ultimi anni riproduttivi. Ne consegue che l’invecchiamento femminile è correlato ad una progressiva difficoltà a concepire.
Gli ovociti si formano solo durante la vita fetale. Alla 20° settimane il numero dei follicoli si è già costituito (6-7.000.000 di follicoli primordiali) ed inizia un lento ma inesorabile progressivo esaurimento che porta alla nascita ad un numero di follicoli primordiali pari a circa 700.000 – 1.000.000 • Nella donna adulta il tasso di consumo di follicoli non è costante ma accelera con l’età: già solo a 30aa residua nelle ovaie il 12% del patrimonio follicolare presente alla nascita ed a 40aa tale percentuale si abbatte a circa il 3%.
Il patrimonio follicolare potrebbe essere notevolmente ridotto anche in donne più giovani in caso di patologie concomitanti, ad esempio in caso di pregressa asportazione di tessuto ovarico (asportazione di cisti ovariche, endometriomi, neoplasie borderline, cisti dermoidi) oppure in pazienti con familiarità per menopausa precoce od ancora in caso di precedente radioterapia pelvica o chemioterapia. In queste ed altre condizioni, che possono essere responsabili di una ridotta fertilità ovarica, è opportuno valutare tempestivamente la riserva ovarica di una donna, al fine di offrire risposte diagnostiche adeguate ed altrettanto adeguati trattamenti terapeutici.
Diversi sono i settori dell’ostetricia e della ginecologia che possono beneficiare della valutazione della riserva ovarica. Di particolare interesse è il suo impiego in campo chirurgico ed oncologico. Nello specifico, è buona norma indagare la riserva ovarica di una donna in cerca di prole prima di sottoporla a chirurgia ovarica, con lo scopo di valutare il suo stato di fertilità e per non incorrere nel rischio di ridurre drasticamente la sua capacità riproduttiva. Anche in campo oncologico è opportuno considerare questi aspetti poiché, se i tempi lo permettono, potrebbe essere presa in considerazione l’opportunità di preservare la fertilità di quella donna, tramite il congelamento di ovociti da eseguirsi unicamente prima di chemio e/o radioterapia.
Nelle coppie infertili, invece, la valutazione della riserva ovarica dovrebbe essere sempre eseguita quando la donna ha più di 38 anni di età, indipendentemente dalla qualità dei suoi cicli mestruali poiché i tempi di intervento, la scelta delle tecniche di fecondazione assistita e dei trattamenti farmacologici potrebbero essere diversi a seconda del tipo di risposta ottenuta, permettendo così di privilegiare la personalizzazione dei trattamenti stessi.
Attualmente la riserva ovarica viene valutata tramite:
• Dosaggio dei livelli basali di FSH (da eseguire tra 2°-5° giornata del ciclo mestruale)
• Dosaggio dei livelli di ormone anti-mülleriano (AMH)
• Conta dei follicoli antrali e calcolo del volume ovarico ovaia nei primi giorni del ciclo mestruale (2°-5° giornata)

Dosaggio dell’ormone follicolo-stimolante (FSH)
L’FSH e l’LH (ormone luteinizzante) sono prodotti dalla ghiandola ipofisaria che si trova alla base del cranio, dietro la radice del naso. La loro funzione è quella di indurre lo sviluppo e la maturazione dei follicoli ovarici.
Quando l’ovaio risponde correttamente allo stimolo con un adeguato reclutamento e sviluppo follicolare, la concentrazione ematica del FSH nei primi giorni di ciclo sarà nella norma; se invece l’ovaio non produce follicoli (a causa, ad esempio, di una riduzione della sua riserva) il valore di FSH risulterà aumentato. Poiché la produzione di questo ormone varia nelle diverse fasi del ciclo ovarico, l’unico momento utile per valutarne i suoi livelli basali è tra il 2° ed il 5° giorno del ciclo mestruale.
Oltre che variare nelle diverse fasi del ciclo ovarico, le concentrazioni nel sangue di questo ormone variano anche fra un ciclo mestruale e l’altro. Quindi, seppur con i limiti legati alle sue variazioni mensili, un valore aumentato di FSH suggerisce una possibile riduzione della riserva ovarica e quindi la necessità di ulteriori approfondimenti.

Dosaggio dell’ormone ormone anti-Mülleriano (AMH)

2

Il dosaggio dell’ormone anti Mulleriano (AMH o MIS Mullerian Inhibiting Substance) è certamente il più innovativo test diagnostico nella valutazione della riserva funzionale ovarica. Si tratta di una glicoproteina codificata nel braccio corto del cromosoma 19 responsabile della regressione dei dotti di Muller nei feti di sesso maschile. Nell’adulto l’AMH è prodotto nel maschio nelle cellule del Sertoli e nella femmina nelle cellule della granulosa. Nella donna i livelli ematici di AMH sono estremamente bassi alla nascita per poi aumentare dopo la pubertà, esso infatti è prodotto dalle cellule della granulosa dei follicoli antrali prima del fenomeno della dominanza; l’AMH blocca lo sviluppo dei follicoli primordiali e preantrali ed è quindi classificabile come uno dei pochi fattori di regolazione negativa dell’ovulazione inoltre non è prodotto dai follicoli atresici e la sua sintesi è bloccata sia dall’FSH che dai livelli di estradiolo e progesterone.
ovaio2
L’AMH, a differenza degli altri indici ormonali di riserva ovarica, non subisce variazioni di rilievo nelle varie fasi del ciclo e ciò è dovuto verosimilmente alla crescita continua dei follicoli preantrali. I livelli di AMH decrementano progressivamente con la riduzione del numero dei follicoli preantrali sino a diventare indosabili in menopausa così come in caso di ovariectomia bilaterale. La riduzione dei suoi livelli in una fase di deplezione ovarica iniziale consente un’aumento del reclutamento costante dei follicoli.
In questa fase l’inibina e l’FSH restano ancora stabili per modificarsi solo successivamente con la netta riduzione dei follicoli antrali e preantrali. Pertanto l’AMH presenta un andamento nel tempo lineare e correlato con il numero di follicoli preantrali ed appare un indice più precoce ed affidabile rispetto ai tradizionali markers ( età, conta follicoli antrali, volume ovarico, FSH ed E2 al 2-5 giorno del ciclo) per la valutazione sia quantitativa che qualitativa della riserva ovarica.
fsh-amh
Un ulteriore ruolo dell’AMH è quello di costituire un fattore di valutazione prima di approntare un ciclo di fecondazione medicalmente assistita, recenti evidenze infatti dimostrano come i livelli di AMH nelle donne con buona risposta all’induzione con FSH siano più alti di quelli di donne con scarsa risposta, nonché che i valori pre induzione dell’AMH siano maggiormente predittivi degli altri indici solitamente utilizzati per valutare la risposta in un ciclo di stimolazione ovarica.
Infine l’AMH può essere utilizzato per meglio valutare la policistosi ovarica, infatti le donne con PCOS hanno aumentati livelli di AMH e da alcuni autori è stato ipotizzato un suo ruolo nella patogenesi dell’anovulazione PCOS correlata forse per un’azione paracrina dell’AMH stesso cha da un lato blocchi il reclutamento follicolare e dall’altro riduca la responsività dei follicoli preantrali e antrali all’FSH.

Conta dei follicoli antrali e calcolo del volume ovarico
E’ un’indagine ecografica transvaginale che rappresenta un ottimo indice per la valutazione della riserva ovarica. Deve essere eseguita nei primi giorni del ciclo mestruale (dal 3° al 5° giorno) quando è possibile osservare i follicoli denominati antrali (sono follicoli di diametro compreso tra i 2 e i 6 mm). Pur in assenza di un accordo sui valori soglia, in condizioni di buona fertilità si osservano in genere almeno 7 follicoli antrali ed ottime chance riproduttive con conteggi follicolari maggiori di 12. Per quanto concerne il volume ovarico, viene considerato ottimale quando attorno ai 6-7 cm3.

Terapia ormonale e rischio di trombosi

La coagulazione è un processo fisiologico normale ed essenziale per il nostro organismo perché consente di fermare l’emorragia o curare le ferite. Il processo di coagulazione però non è uguale per tutti: ognuno di noi coagula secondo i codici ereditati dai propri genitori; alcuni ereditano un sangue che coagula “troppo”, altri un sangue che coagula meno del dovuto. Ma alcuni fattori, come il sovrappeso, il fumo, il diabete, il colesterolo alto, terapie ormonali e la gravidanza, possono interferire con questo processo, confondendo il sangue e facendolo coagulare in modo improprio. Altre situazioni che aumentano il rischio di trombosi sono gli interventi chirurgici, l’allettamento prolungato per una malattia infiammatoria grave soprattutto se febbrile, le fratture degli arti e addirittura un lungo volo aereo in posizione scomoda. Il rischio aumenta in funzione di quanti fattori predisponenti sono presenti: maggiore è il numero dei fattori concomitanti, maggiore è il rischio. I trombi si possono formare ovunque, nelle vene delle gambe, delle braccia, del cervello, delle ovaie o dell’intestino. Un trombo può sciogliersi spontaneamente, ma può anche estendersi all’interno della vena risalendo verso il cuore, può frammentarsi e liberare nel sangue emboli.
Il timore di potere incorrere in una trombosi a seguito dell’assunzione della pillola è comune a tutte le donne che ne fanno uso. Tutte le pillole anticoncezionali, così come tutte le terapie a base di ormoni (ad esempio la terapia sostitutiva della menopausa o HRT o TOS), possono aumentare la tendenza del sangue a coagulare e quindi la probabilità che si formi un trombo, ma non per tutti i farmaci il rischio è il medesimo infatti, e gli studi lo dimostrano, di grande rilevanza è il tipo di principio attivo del progestinico. Ai contraccettivi a base di levonogestrel, norgestimato e noretisterone sono infatti associati i più bassi pericoli (in questo gruppo farmacologico si sono registrati tra i 5 e i 7 episodi di TEV ogni 10 mila donne) mentre le percentuali aumentano in caso di progestinici con etonogestrel e norgestromina (dai 6 ai 12 casi) con picchi più alti fra le pillole contenenti gestodene, desogestrel e drospirenone (dai 9 ai 12 eventi). Per i restanti contraccettivi oggi in commercio (clormadinone, dienogest e nomegestrolo) i dati disponibili in letteratura non sono sufficienti per esprimere un eventuale rischio effettivo o possibile.
Dunque, le evidenze scientifiche emerse sul rischio contenuto di sviluppare una trombosi da contraccettivo non indicano la necessità di sospensione in donne che ne fanno uso e che non hanno particolari problemi di salute. Resta tuttavia inteso che anche in buone condizioni di salute, la donna deve discutere con il proprio ginecologo la tipologia di pillola più opportuna al proprio profilo individuale. Anche in assenza di condizioni predisponenti/favorenti in caso di assunzione abituale della pillola, è bene fare attenzione ad alcuni campanelli di allarme, precursori della Trombosi venosa: forti dolori e/o gonfiore alle gambe, un improvviso o immotivato affanno, respirazione accelerata o comparsa di tosse, dolori al petto e una debolezza localizzata alle gambe, alle braccia o al volto. Alla manifestazione di queste sintomatologie è importante rivolgersi subito al proprio medico per una ridefinizione della tipologia, dosaggio e/o sospensione della pillola. Inutile dire che prima di iniziare una terapia estroprogestinica è indispensabile una valutazione clinica ed umorale per escludere la presenza di fattori che ne sconsiglino l’assunzione a priori; oggi è possibile escludere una predisposizione genetica ad una anomala coagulazione del sangue con test assolutamente indolori (screening trombofilia su tampone buccale).

il ciclo mestruale e le sue alterazioni

Con il termine ciclo mestruale si intende il periodo che intercorre tra l’inizio di una mestruazione e l’inizio della successiva (25-35gg) anche se frequentemente ed erroneamente, nel linguaggio comune, il termine viene utilizzato per indicare la mestruazione, ovvero la ciclica perdita di sangue (3-7-gg). Ogni 28 giorni circa l’endometrio (che è il tessuto che tappezza internamente la cavità uterina), per fattori ormonali si sfalda (ossia si stacca) e, insieme al sangue che si libera dai vasi sottostanti, viene eliminato all’esterno del corpo. Questa perdita di sangue misto a frustoli di endometrio costituisce la mestruazione. La regolarità del ciclo mestruale (durata normale da 25 a 36 giorni, in media 28) è legata ad un sofisticato controllo ormonale che verte su tre strutture: l’ipotalamo, l’ipofisi e le ovaie.
L’ipotalamo è una piccola parte del cervello umano che svolge un ruolo determinante nel controllare l’attività dell’ipofisi, tramite il rilascio di sostanze dette fattori di rilascio. Per quanto riguarda il ciclo mestruale di fondamentale importanza è il cosiddetto GnRH (fattore di rilascio delle gonadotropine) che “comunica all’ipofisi” gli “ordini da impartire” alle ovaie.
L’ipofisi è una piccola ghiandola contenuta nella scatola cranica al di sotto degli emisferi cerebrali. Produce degli ormoni in grado di comandare l’attività di tutte le ghiandole a secrezione interna del corpo umano (ovaie, surreni, tiroide, ecc.).
L’ ormone è una sostanza chimica, prodotta da ghiandole a secrezione interna, che viene riversata nel sangue e agisce a distanza dalla ghiandola che lo ha prodotto influenzando e comandando l’attività funzionale di organi e tessuti. In termini semplicistici, possiamo dire che l’ipofisi produce due ormoni, denominati FSH ed LH (detti anche gonadotropine) che sono in grado di comandare completamente l’attività dell’ovaio. L’ipofisi riceve l’“ordine” di produrre LH ed FSH direttamente dall’ipotalamo tramite il cosiddetto fattore di rilascio delle gonadotropine (GnRH). La produzione ipotalamica del GnRH è ciclica, per tanto anche quella delle gonadotropine ipofisarie (LH ed FSH) avrà tale caratteristica; l’attività dell’ovaio, che dipende dalla secrezione delle gonadotropine, sarà anch’essa ciclica.
L’ovaio è una ghiandola a secrezione interna che viene comandata totalmente dagli “ordini” dell’ipofisi tramite i già citati ormoni LH ed FSH. L’ovaio, o meglio le due ovaie, si trovano nella cavità pelvica. Le sue funzioni sono la produzione di ormoni e la maturazione degli ovociti.
– Produzione ormonale
L’ovaio in risposta ai comandi ipofisari produce molti ormoni fra cui i più importanti sono l’estradiolo ed il progesterone. L’estradiolo predomina nella prima parte del ciclo mestruale mentre il progesterone nella seconda parte. L’estradiolo (che appartiene alla categoria degli estrogeni) è un ormone femminilizzante che determina lo sviluppo delle tipiche caratteristiche del sesso femminile (sviluppo dei genitali in senso femminile, sviluppo delle mammelle ecc.). Il progesterone ha invece una funzione importante nella protezione dell’endometrio dagli effetti degli estrogeni; ha inoltre un ruolo determinante nelle prime fasi della gravidanza (impianto embrionale).
– Maturazione degli ovociti
Gli ovociti sono le cellule germinali femminili. Si trovano nell’ovaio fin dalla vita intrauterina ed ogni mese uno solo di loro riesce ad arrivare a maturazione. E’ rara ma non impossibile la maturazione in contemporanea di due o più ovociti. La maturazione di un ovocita avviene nei primi 13-14 giorni circa del ciclo mestruale. Ogni ovocita, all’interno dell’ovaio, è contenuto in una particolare struttura detta follicolo. Una volta che, sotto stimoli ormonali, un ovocita giunge a maturazione, il follicolo si rompe e libera all’esterno dell’ovaio l’ovocita che ha al suo interno (ovulazione) (attorno al 14° giorno del ciclo mestruale).

La ciclicità mestruale
Il primo giorno del ciclo mestruale si definisce come il primo giorno della mestruazione. Da questo giorno in poi si ha un progressivo aumento nel sangue dei livelli di estradiolo (prodotto dall’ovaio). Questi livelli determinano un progressivo ispessimento dell’endometrio. Intorno al 14° giorno del ciclo, un brusco aumento dell’LH ipofisario (“picco dell’LH”) determina lo scoppio del follicolo (“ovulazione”) con liberazione dell’ovocita nella cavità addominale; l’ovocita viene successivamente recuperato dalla tuba all’interno della quale sarà disponibile per l’incontro con gli spermatozoi. Subito dopo l’ovulazione (in media il 14° giorno del ciclo), ciò che resta del follicolo “scoppiato” si trasforma in una ghiandola chiamata “corpo luteo”. Il corpo luteo produce progesterone, un ormone necessario per le prime fasi di una eventuale gravidanza e a livello endometriale provoca un ulteriore ispessimento della mucosa.
Intorno al 24 giorno del ciclo, a causa di un esaurimento funzionale del corpo luteo, si ha una rapida caduta dei livelli di progesterone. Questa repentina diminuzione del livello ormonale innesca i fenomeni che porteranno allo sfaldamento dell’endometrio ossia alla mestruazione.

Parametri di normalità del ciclo mestruale
Ritmo                                   28 giorni (25-36 giorni)
Mestruazione                       durata 3-7 giorni
perdita ematica                    28-80 ml

Alterazioni del ciclo mestruale
Ritmo inferiore a 25 giorni                                                polimenorrea
Ritmo superiore a 36 giorni                                               oligomenorrea
Assenza della mestruazione per almeno 3 mesi                 amenorrea
Perdita ematica mestruale minore di 20 ml                       ipomenorrea
Perdita ematica mestruale maggiore di 80 ml                   ipermenorrea
Mestruazione molto abbondante e/o di durata
superiore alla norma                                                         menorragia
Mestruazione molto abbondante che si prolunga
anche nel periodo intermestruale                                      menometrorragia
Perdita ematica abbondante che compare nel
periodo intermestruale                                                      metrorragia

* si parla comunemente di spotting se la perdita ematica intermestruale è di scarsa entità.

Alterazioni del ciclo mestruale
Mestruazioni che vengono in anticipo (polimenorrea)
Una mestruazione che si presenta con un anticipo di almeno 3 giorni è una alterazione relativamente comune. Se il fenomeno è isolato e quindi non si ripete nei cicli successivi, non deve destare troppa preoccupazione. Fattori quali stanchezza e stress possono avere un ruolo determinante. Diverso il caso in cui il problema tende a ripresentarsi. In questo caso è indicata l’esecuzione di dosaggi ormonali per rilevare eventuali alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio. Frequentemente il problema è legato ad una “insufficienza luteale” ovvero ad una inadeguata produzione di progesterone da parte dell’ovaio nella seconda parte del ciclo mestruale. Altre possibili cause possono essere iperprolattinemia, alterazioni tiroidee ecc.

Mestruazioni  in ritardo (oligomenorrea)
Un ritardo mestruale è una evenienza frequente per una donna. Se il ritardo rimane un caso isolato non ci sono particolari problemi (salvo escludere una gravidanza). Se il ritardo tende a ripresentarsi bisogna eseguire degli accertamenti fra cui dosaggi ormonali, ecografia pelvica ed eventuali altri esami in base al sospetto clinico. Una delle cause possibili di oligomenorrea può essere una aumentata produzione di ormoni androgeni (testosterone, DHEAS, delta4 androstenedione, 17 idrossi progesterone) da parte dell’ovaio e/o del surrene. Più rari gli iperandrogenismi surrenalici dovuti a deficit della funzione surrenalica su base ereditaria (si escludono con il “test all’ACTH”).
Alterazioni ipotalamiche (derivanti da stress fisici o psichici, anoressia nervosa, bulimia, raramente lesioni organiche) possono portare ad oligomenorrea ed alle volte alla amenorrea (assenza completa del flusso mestruale per almeno 3 mesi). L’iperprolattinemia si associa spesso ad oligomenorrea, anche se alle volte può determinare, il suo opposto ovvero una polimenorrea.
Anche alterazioni ipofisarie (adenomi, insufficienza funzionale ecc.) possono essere qualche volta le cause di una oligomenorrea.

Assenza di mestruazioni (amenorrea)
Un ritardo mestruale che si protrae per almeno 3 mesi si definisce amenorrea. Una volta esclusa una gravidanza andranno indagate le possibili cause di oligomenorrea, a cui possiamo aggiungere la menopausa precoce, la sindrome di Asherman (amenorrea insorta generalmente dopo raschiamenti, a causa di “cicatrici” -sinechie o aderenze- che “incollano” tra loro le pareti uterine), ed altre più rare sindromi.

Mestruazioni troppo abbondanti (ipermenorrea)
Una mestruazione abbondante è una eventualità relativamente frequente nella storia mestruale della donna. Il ripetersi di mestruazioni abbondanti va invece indagato e trattato in quanto le cause possono essere molteplici ed il ripetersi del fenomeno può portare ad una carenza di ferro con conseguente anemia. Fra le possibili cause la presenza di polipi all’interno dell’utero (polipi endometriali), la presenza di fibromi uterini, alterazioni dell’endometrio.

Mestruazioni troppo scarse (ipomenorrea)
Un flusso mestruale di scarsa quantità può capitare e non deve necessariamente allarmare; spesso, alla base del problema, possono esserci stress o stanchezza. Se il fenomeno si ripresenta è consigliabile mettere in atto accertamenti diagnostici fra cui dosaggi ormonali, ecografia pelvica ed eventuali altri esami in relazione al sospetto clinico.  Fra le varie cause che determinano il ripetersi del fenomeno possono esserci alterazioni della secrezione ormonale, da parte dell’ovaio o di altre ghiandole endocrine, che vanno correttamente identificate e trattate.

Mestruazioni emorragiche (menorragia, menometrorragia) ed  emorragie intermestruali (metrorragia)
Una mestruazione con carattere di emorragia, oppure una emorragia intermestruale (nel periodo tra una mestruazione e l’altra), andranno tempestivamente trattate con farmaci adeguati (ormoni, farmaci pro-coagulanti ecc.). Indispensabile in questi casi l’esecuzione di accertamenti diagnostici.

Perdite ematiche intermestruali (spotting)
Per spotting si intende una piccola perdita ematica che si verifica per uno o più giorni durante il ciclo mestruale (generalmente alla metà) non in relazione alle mestruazioni. Può essere dovuta ad una alterata stimolazione ormonale dell’endometrio. Se si presenta come fenomeno isolato non sono necessari accertamenti; se tende a ripresentarsi andranno eseguiti accertamenti fra cui visita ginecologica, ecografia pelvica e dosaggi ormonali.

Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53

Visto l’articolo 87 della Costituzione;

Visto l’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53, recante delega al Governo per l’emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità, nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro le disposizioni vigenti in materia, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 15 dicembre 2000;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 15 gennaio 2001;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari;

Vista la deliberazione definitiva del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 marzo 2001;

Sulla proposta del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, per le pari opportunità e per la funzione pubblica;

Vai al testo completo della legge

il congedo di maternità

IL CONGEDO DI MATERNITA’

Il congedo di maternità è il periodo nel quale la lavoratrice dipendente ha l’obbligo di astenersi dal lavoro.

Prima del marzo 2000, l’astensione pre e post partum doveva essere fruita in 5 mesi con inizio 2 mesi prima del parto e la fine 3 mesi dopo. Dal marzo del 2000 è possibile scegliere tra 2 opzioni:

Scelta 1 2 mesi prima del parto3 mesi dopo il partoScelta 2 1 mese prima del parto4 mesi dopo il parto

N.B. La flessibilità dell’astensione obbligatoria può andare da un minimo di un giorno ad un massimo di un mese.

E’ VIETATO ADIBIRE AL LAVORO LE DONNE:

*durante i due mesi precedenti la data presunta del parto ed i tre seguenti il parto, salvo quanto previsto dal T.U. in relazione alla flessibilità
*qualora il parto avvenga oltre la data presunta, per il periodo intercorrente tra la data presunta ed il parto stesso
*durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto qualora il parto avvenga anticipatamente rispetto alla data presunta, tali giorni sono  aggiunti al congedo di maternità dopo il parto

Adempimenti: La lavoratrice, prima dell’inizio del congedo di maternità, ed in ogni caso entro il 7° mese di gestazione, deve presentare al datore di lavoro e all’INPS, apposita domanda corredata dal certificato medico attestante il mese di gestazione e la data presunta del parto. A seguito del parto ed entro trenta giorni dallo stesso, per usufruire dei diritti previsti, la lavoratrice deve altresì inviare al datore di lavoro e all’INPS  il certificato di nascita del bambino/a ovvero la dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 46 del Dpr 445/2000 (autocertificazione). Con lettera a parte si deve segnalare la nascita all’Ufficio del Personale per usufruire delle detrazioni fiscali per i figli a carico e richiedere l’erogazione degli assegni familiari,  se spettano.

Congedo per maternità per lavoratrici sospese o disoccupate

Secondo il  TU l‘indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dal contratto a termine o di cessazione dell’attività dell’azienda cui la lavoratrice è addetta, che si verifichino durante i periodi di congedo di maternità sia «normale» che «anticipato». In base alla sentenza della Corte Costituzionale n. 405/2001 il diritto all’indennità di maternità viene riconosciuto anche nei casi di licenziamento per giusta causa, a seguito di colpa grave della lavoratrice, che si verifichino durante i periodi di congedo per maternità sia «normale» che «anticipato». Alle lavoratrici gestanti, che all’inizio del congedo per maternità risultano sospese o assenti dal lavoro senza retribuzione ovvero disoccupate, spetta il normale trattamento economico di maternità. Ai fini del computo dei predetti 60 giorni, non si tiene conto: delle assenze dovute a malattia o a infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti competenti;  dei periodi di congedo parentale e di congedo per malattia del bambino dei quali la lavoratrice gestante abbia fruito in seguito a una precedente maternità; del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale; del periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento.  Qualora il congedo di maternità abbia inizio dopo che siano trascorsi 60 giorni dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro, il diritto all’indennità di maternità è riconosciuto a condizione che la lavoratrice risulti, alla data di inizio del congedo di maternità, in godimento del trattamento di disoccupazione. Ovviamente il trattamento di disoccupazione viene sostituito dall’indennità di maternità. La norma in un primo tempo applicata soltanto in caso di disoccupazione ordinaria, è stata estesa successivamente estesa dall’INPS anche  ai casi  di’indennità di disoccupazione con requisiti (v. INPS circ. n. 4/2006). Le stesse regole valgono anche nel caso di fruizione dell’indennità di mobilità; anche il questo caso la lavoratrice ha diritto all’indennità di maternità in luogo di tale trattamento. La lavoratrice che si trova disoccupata da oltre 60 giorni alla data di inizio del congedo di maternità, ma non è in godimento dell’indennità di disoccupazione perché nell’ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all’indennità giornaliera di maternità, purché al momento dell’inizio del congedo di maternità non siano trascorsi più di 180 giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e, nell’ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino versati o dovuti a suo favore almeno 26 contributi settimanali nell’assicurazione obbligatoria per l’indennità di maternità.  La lavoratrice sospesa dal lavoro da oltre 60 giorni alla data di inizio del congedo di maternità ha diritto all’indennità giornaliera di maternità, purché alla data di inizio del congedo di maternità stesso risulti in godimento del trattamento ordinario o straordinario di integrazione salariale. Ovviamente il trattamento di integrazione salariale viene sostituito dall’indennità di maternità.

Adempimenti: La lavoratrice che non ha un rapporto di lavoro dipendente privato in essere al momento di inizio dell’astensione obbligatoria deve presentare la domanda per ottenere l’indennità di maternità direttamente all’ente previdenziale (INPS) precisando che intende chiedere il pagamento diretto della prestazione, non avendo possibilità di anticipazione da parte del datore di lavoro. La lavoratrice che ha cessato il rapporto da una pubblica amministrazione deve presentare domanda all’ultimo datore di lavoro pubblico.

Congedo per maternità per libere professioniste 

Indennità di maternità, le libere professioniste iscritte ad una delle varie casse previdenziali (del notariato, degli avvocati e dei procuratori legali, dei farmacisti, dei veterinari, dei medici, dei geometri, dei dottori commercialisti, degli ingegneri e architetti, dei ragionieri, dei consulenti del lavoro, nonché le varie casse nate dopo la legge n. 335/95 al decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001) hanno acquisito, in virtù di quanto disposto dalla legge 11 dicembre 1990, n. 379, il diritto all’indennità di maternità per il periodo corrispondente ai due mesi precedenti il parto e ai tre mesi successivi. Il TU si occupa delle libere professioniste trasponendo, con mere modifiche formali, quanto contenuto nella legge n. 379/1990. Il Capo XII del TU, infatti, è interamente dedicato a queste lavoratrici: con quattro articoli, 70, 71, 72 e 73, viene delineato il quadro dei diritti e degli adempimenti per ottenerli. La misura dell’indennità è pari all’80% di 5/12 del reddito percepito e denunciato dalla professionista nel secondo anno precedente quello del parto. L’importo mensile del trattamento in ogni caso non può essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione calcolata nella misura pari all’80 del salario minimo giornaliero degli impiegati del commercio. A tale proposito vanno però segnalate due modifiche all’articolo 70 del suddetto TU, per effetto della legge n. 289 del 15 ottobre 2003. La prima riguarda il concetto di reddito cui fare riferimento, essendo ora circoscritto al «solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito di lavoro autonomo» (escludendo quindi redditi diversi), e il periodo in cui tale reddito viene rilevato: si tratta del secondo anno precedente l’evento e non più la domanda. La seconda modifica riguarda l’importo dell’indennità che non può essere superiore a 5 volte l’importo minimo già fissato dalla legge stessa. In caso di aborto spetta l’indennità nella misura di una mensilità se l’aborto avviene tra il 3° e il 6° mese, e in misura intera, per 5 mesi, se l’interruzione della gravidanza avviene dopo il 6° mese. In caso di adozione o affidamento spetta l’indennità per tre mesi a decorrere dalla data di ingresso del bambino in famiglia a condizione che lo stesso non abbia superato i 6 anni di età. Tale limite di età, tuttavia è stato dichiarato illegittimo dalla sentenza n. 371/2003 della Corte Costituzionale, per cui anche in caso di adozione internazionale l’indennità compete anche oltre il limite di sei anni, purché entro la maggiore età.

Adempimenti: La prestazione è erogata dalla cassa di appartenenza dietro presentazione di domanda che può essere inoltrata già dal 6° mese di gravidanza e non oltre il termine perentorio di 180 giorni dalla nascita del bambino. La domanda, in carta libera, deve essere corredata dal certificato medico comprovante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto nonché dalla dichiarazione, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, attestante l’inesistenza del diritto all’indennità come lavoratrice dipendente o lavoratrice autonoma.  In caso di adozione la domanda deve essere presentata alla competente cassa di assistenza e previdenza della lavoratrice entro il termine perentorio di 180 giorni dalla data di ingresso del bambino nella famiglia e corredata da dichiarazioni attestanti, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, l’inesistenza del diritto all’indennità di maternità a qualsiasi altro titolo. Va corredata, inoltre, da copia autentica del provvedimento di adozione o affidamento. Anche per queste casse la finanziaria dell’anno 2000, legge 23 dicembre n. 488, ha previsto una riduzione degli oneri contributivi a partire dal 1° luglio, ma la misura delle nuove contribuzioni dovrà essere stabilita da provvedimenti dei consigli di amministrazione delle singole casse. La categoria delle libere professioniste non è poi stata minimamente coinvolta dalle novità introdotte dalla legge in materia di congedi, poiché si tratta di norme destinate ai rapporti di lavoro dipendente e, in via eccezionale, seppure limitatamente ad un breve periodo di congedo parentale, alle lavoratrici autonome di cui alla legge n. 546/87. Oggettivamente non si comprende tale esclusione, viste le sostanziali equivalenze fra le due categorie di soggetti. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 3 del 26-29 gennaio 1998, aveva già sancito il diritto delle libere professioniste di ottenere l’erogazione dell’indennità di maternità, per i due mesi precedenti la data presunta del parto e per i tre mesi successivi, senza imporre come condizione l’effettiva astensione dal lavoro.  Alla Corte si era appellata la Cassa dei notai, che chiedeva l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge n. 397/90 nella parte in cui consente l’erogazione dell’indennità senza imporre alla lavoratrice l’astensione dal lavoro. Il ricorso dell’appellante era basato sul criterio secondo il quale, nell’interesse della salute del bambino e della puerpera, era necessario applicare anche alle professioniste iscritte alla cassa l’interdizione dal lavoro durante il periodo di percezione dell’indennità di maternità, così come imposto alla generalità delle lavoratrici. La Corte non ha ritenuto fondata la questione di legittimità affermando che: «la norma impugnata, pur interpretata nel senso che al giudice rimettente appare viziato di incostituzionalità, non determinando oggettivi ostacoli allo svolgimento del ruolo materno, non urta con il precetto dell’articolo 32 della Costituzione. La tutela costituzionale del diritto alla salute della donna e del bambino, infatti, non è vulnerata dalla esistenza di una norma che per una particolare categoria di lavoratrici stabilisce una protezione complessivamente adeguata alle peculiari caratteristiche della categoria medesima».

Il congedo di maternità: parto prematuro e decesso del bambino

Il congedo di maternità è valido anche nei casi di parto prematuro e decesso del bambino

Parto prematuro – Si definisce parto prematuro quello che avviene oltre il 180° giorno dall’inizio della gestazione.  In questo caso la lavoratrice non perde il periodo di astensione obbligatoria non goduto per intero prima del parto. Tale periodo si aggiunge ai tre mesi spettanti dopo la nascita del bambino/a, comunque per un massimo di cinque mesi. La lavoratrice è tenuta a presentare entro trenta giorni il certificato attestante la data del parto.  Il periodo non usufruito non può comunque essere aggiunto nei casi di proroga fino al settimo mese dell’astensione post partum prevista per le lavoratrici adibite a lavori insalubri o pericolosi.

Decesso del bambino – Nel caso di morte del bambino/a durante il parto o nei tre mesi successivi, la lavoratrice non può essere licenziata fino al termine del periodo di congedo di maternità e continua a godere della relativa indennità

Malattia durante il congedo di maternità – L’insorgere di una malattia durante il periodo di congedo per maternità post partum non interrompe il congedo stesso.

FLESSIBILITA’ DEL CONGEDO DI MATERNITA’

Lasciando inalterata la durata del congedo di maternità per un periodo di cinque mesi, l’art. 20 del T.U. prevede per le lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto. Per poterne fruire è necessario che un ginecologo del SSN ed il medico competente per la prevenzione e la salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. La flessibilità dell’astensione obbligatoria può andare da un minimo di un giorno ad un massimo di un mese. Il periodo di flessibilità, anche quando è già stato accordato, può essere successivamente ridotto (ampliando quindi il periodo di astensione ante partum inizialmente richiesto), espressamente, su richiesta della lavoratrice, o implicitamente, per fatti intervenuti. La malattia che intervenga durante l’ottavo mese di gravidanza è da considerarsi congedo per maternità in quanto la malattia stessa rappresenta impedimento alla flessibilità del congedo di maternità (circolare Min. Lav. e Prev. Soc. n° 43/2000.  La domanda di flessibilità va comunqee presentata entro il settimo mese di gestazione al datore di lavoro e all’INPS. Tale domanda deve essere corredata da: 1. il normale modello per la richiesta di congedo di maternità; 2. dichiarazione del medico competente che attesti l’assenza di situazioni di rischio. Per i settori in cui non vi è l’obbligo di presenza del medico competente, dichiarazione dell’azienda della non obbligatorietà della presenza del “medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro”;  3. certificato del ginecologo del SSN o convenzionato in cui, nell’ipotesi dell’assenza del medico competente di cui al punto 2, lo specialista deve anche esprimere, sulla base delle informazioni fornite dalla lavoratrice sull’attività svolta, una valutazione circa la compatibilità delle mansioni e delle relative modalità di svolgimento ai fini della tutela della salute della gestante e del nascituro.

IL CONGEDO DI MATERNITA’ ANTICIPATO

L’art. 17 del T.U. prevede che il congedo di maternità possa essere anticipato, su richiesta della lavoratrice e a seguito disposizione della Direzione Provinciale del Lavoro, sulla base di accertamento medico quando sussistano le seguenti circostanze:

1. nel caso di gravi complicanze della gestazione o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza (maternità anticipata per gravidanza a rischio)

2. quando le condizioni ambientali o di lavoro siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino/a

3. quando la lavoratrice addetta a lavorazioni pesanti, pericolose o insalubri non possa essere spostata ad altre mansioni

Dal 1° aprile 2012 l’autorizzazione all’astensione anticipata dal lavoro per maternità è suddivisa tra Asl e Direzione territoriale del Lavoro.  Il ginecologo curante, qualora rilevi uno stato di patologia della gravidanza che possa richiedere un’astensione anticipata dall’attività lavorativa dovrà per tanto inviare la paziente presso l’ASL di competenza per valutazione.  L’ASL avrà competenza SOLO nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza. Rimane invece invariata, e sempre attribuita alla competenza delle Direzioni Territoriali del Lavoro, l’istruttoria e l’emanazione del provvedimento di interdizione “quando le condizioni di lavoro o ambientali sono ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino” e “quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni”.

Posticipazione del congedo di maternità. Qualora la lavoratrice sia addetta a lavori insalubri e non possa essere adibita ad altre mansioni, è concessa una proroga dell’astensione obbligatoria fino a 7 mesi dopo il parto.

Dichiarazione di nascita, riconoscimento e iscrizione all’ASL

La dichiarazione di nascita

Quando avviene una nascita è obbligatorio entro 10 giorni fare la dichiarazione di nascita per l’iscrizione del nuovo nato nel registro comunale dello stato civile in cui viene identificato con il nome, cognome, data e ora di nascita e comune di nascita. In altri termini la registrazione del bambino al’anagrafe informa lo Stato italiano della presenza di un nuovo cittadino che da quel momento gode di tutti i diritti del cittadino italiano minorenne.

La Dichiarazione di nascita deve essere fatta portando l’Attestazione di nascita ad uno dei seguenti uffici:

  • presso la Direzione Sanitaria dell’Ospedale in cui è avvenuto il parto entro 3 giorni dalla nascita
  • presso l’Anagrafe del Comune dove è avvenuta la nascita entro 10 giorni dalla nascita

L’Attestazione di nascita è rilasciata esclusivamente dal personale sanitario che ha assistito al parto e indica sul documento di attestazione: cognome e nome della madre, sesso del neonato, orario e luogo del parto. Nell’attestazione di nascita non viene indicato né il nome né cognome del neonato. In generale, l’Attestazione di nascita viene trasmessa direttamente dal reparto alla Direzione Sanitaria dell’Ospedale per l’iscrizione in ospedale, mentre per la registrazione presso l’Ufficio Anagrafe del Comune, l’Attestazione viene consegnata ai genitori al momento della dimissione.

Il riconoscimento

Il riconoscimento è la dichiarazione di uno o di entrambi i genitori che il bambino è il proprio figlio con la conseguente assunzione del legame giuridico di filiazione, cioè il padre, la madre o entrambi si presentano come genitori assumendosi di fronte allo Stato i doveri che ciò comporta rispetto al figlio. Il riconoscimento può avvenire contestualmente alla dichiarazione di nascita, ed in genere è così per le coppie sposate, oppure in tempi diversi (prericonoscimento in corso di gravidanza o successivamente per genitori di meno di 16 anni, o per situazioni di riconoscimento disgiunto da parte dei genitori).

Il bambino può essere riconosciuto da entrambi i genitori, oppure dalla sola madre o dal solo padre. Situazioni possibili:

  1. Coppia sposata: è sufficiente la presenza di un genitore, munito di un documento d’identità di entrambi i genitori.
  2. Coppia di fatto: è necessaria la presenza di entrambi i genitori, muniti di un documento d’identità di entrambi i genitori. E’ inoltre possibile avvalersi del prericonoscimento da effettuare durante la gravidanza presso il Comune di residenza. Con il prericonoscimento è possibile sveltire le pratiche di riconoscimento dopo la nascita: quando il bambino sarà nato potrà essere denunciato da un solo genitore presentando i documenti preparati in anticipo con la procedura delle coppie sposate.
  3. Madre sola: è necessaria la presenza della madre con il documento d’identità. Anche la madre sola può avvalersi del diritto di prericonoscimento.

⇒  Se il genitore che riconosce o entrambi i genitori hanno meno di 16 anni deve intervenire un tutore.

  1. Madre con età inferiore a sedici anni e padre che ha compiuto i sedici anni d’età: se il padre intende riconoscere il bambino, il neonato può essere riconosciuto inizialmente solo dal papà e successivamente anche dalla madre al compimento dei sedici anni.
  2. Madre e Padre con età inferiore a 16 anni:  sino al compimento del sedicesimo anno di età il riconoscimento non può essere effettuato direttamente dai genitori; occorre in questo caso richiedere l’assistenza del servizio sociale per l’avvio delle procedure necessarie all’affidamento temporaneo del neonato così come definito dalla legge. La legge prevede infatti che la procedura di adottabilità del bambino possa essere mantenuta in sospeso se la madre rimane vicina al bimbo e continua ad assisterlo (eventualmente con l’aiuto de parenti, in particolare dei genitori).  Il Tribunale per i Minorenni, su richiesta della madre o decidendo per conto proprio (“d’ufficio”, dice la legge), può rinviare la procedura di adottabilità fino al compimento del suo sedicesimo anno. Nel frattempo il bambino resterà affidato ai genitori della madre o, se fosse necessario, ad altri; occorre sempre, però, che la madre lo assista e mantenga dei rapporti con lui. Il cognome del bambino resta, in questo periodo, quello che gli ha dato lo Stato Civile. Quando la madre avrà compiuto sedici anni, potrà riconoscerlo immediatamente o chiedere al Tribunale di tenere ancora sospesa la decisione (per non più di due mesi).
  3. Per le donne che intendono avvalersi del diritto di non riconoscere il neonato la legge italiana permette alla donna di scegliere se riconoscere o no il proprio nato e di farlo liberamente.  Se la donna non lo riconosce nei dieci giorni dalla nascita e se non c’è riconoscimento nemmeno da parte del padre, nel Tribunale per i minorenni competente per il luogo di nascita verrà aperta una pratica di adottabilità del bambino, che avrà un cognome inventato (che gli viene dato, così come il nome, dallo Stato Civile del Comune) ed in breve tempo (massimo due mesi) il bambino verrà affidato ad una coppia già giudicata idonea all’adozione e sarà dichiarato adottabile. Dopo un anno di affidamento preadottivo e se tutto è andato bene verrà adottato da questa coppia, diventandone figlio. La legge garantisce alla donna la riservatezza sulla sua identità (nome, cognome e indirizzo saranno tenuti segreti) e le ragioni del non riconoscimento saranno conosciute solo dagli operatori e dai magistrati per i minorenni.  Se la donna non ha ancora deciso se riconoscere o no, può chiedere al tribunale per i minorenni, per mezzo degli operatori che la seguono senza mettere la sua firma e far sapere come si chiama, di poter avere ancora un po’ di tempo per la decisione definitiva. Il Tribunale, se accoglie questa richiesta, può fissare un periodo non superiore, comunque, a due mesi perché la donna possa decidere senza che il bambino venga, nel frattempo, dichiarato adottabile. Non basta, però, fare solo la richiesta, occorre anche che la donna mantenga dei rapporti con il bambino: deve andarlo a trovare (nella sistemazione che è stata trovata per lui), senza che occorra per questo alcuna particolare autorizzazione, e gli deve stare vicino (la legge dice “assistere”). Possono intervenire, se ci sono e vogliono farlo, anche altri parenti del bambino, autorizzati dal Tribunale.  Trascorso il periodo fissato, il Tribunale deciderà se dichiarare adottabile il bambino (in questo caso la donna non potrà più avere alcun rapporto con lui).  Se, invece, il Tribunale giudica che la donna non ha abbandonato il bambino e se n’è occupata bene nel periodo di sospensione della procedura, può fare una scelta diversa: in particolare l’affidamento del bambino alla donna o ad un altro parente o anche, temporaneamente, ad un’altra famiglia ma, comunque, non per essere adottato.
  4. Madre/genitori stranieri extracomunitari regolarmente residenti: è possibile riconoscere il neonato con le stesse procedure descritte nei punti precedenti (dall’1 al 5). Una volta effettuato il riconoscimento è necessario recarsi alla propria ambasciata per effettuare l’iscrizione del neonato presentando i seguenti documenti:
  • denuncia di nascita rilasciata dall’anagrafe
  • passaporto
  • permesso di soggiorno
  1. Madre/genitori stranieri extracomunitari non regolarmente residenti: è possibile riconoscere il neonato con le stesse procedure descritte nei punti precedenti (dall’1 al 5) presentandosi all’ufficio con 2 testimoni e con il passaporto di entrambi i genitori, nel caso di coppia sposata o di coppia di fatto o della madre, nel caso di donna sola. Una volta effettuato il riconoscimento è necessario recarsi alla propria ambasciata per effettuare l’iscrizione del neonato presentando i seguenti documenti:
  • denuncia di nascita rilasciata dall’anagrafe
  • passaporto
  1. Madre/genitori extracomunitari stranieri privi di documenti d’identità:

              E’ consigliato già durante la gravidanza:

  • rivolgersi ai centri ISI per il rilascio del documento STP che da diritto all’assistenza sanitaria presso tutti i servizi pubblici e/o convenzionati della Regione e che può essere utilizzato come documento per il riconoscimento del neonato presso la Direzione sanitaria dell’ospedale in cui è avvenuto il parto;
  • iniziare le pratiche burocratiche necessarie per completare il riconoscimento del bambino anche presso la propria ambasciata. Le donne prive di permesso di soggiorno hanno la possibilità di richiederlo per tutta la durata della gravidanza e per i 6 mesi successivi al parto. Per facilitare l’avvio delle pratiche burocratiche da fare presso la propria ambasciata è possibile rivolgersi all’operatore che segue la gravidanza perché si metta in contatto con i servizi sociali.

⇒Per le situazioni del punto 8 e del punto 9, una volta completate le pratiche di regolarizzazione, è possibile fare il prericonoscimento, ossia riconoscere il bambino durante la gravidanza prima della nascita. Per il               prericonoscimento è necessario rivolgersi al Comune dove la donna/coppia vive.

          10. Nel caso di donna con visto turistico è necessario rivolgersi al centro ISI poiché alcuni tipi di visti non danno diritto all’assistenza sanitaria nei servizi pubblici/convenzionati della Regione

Iscrizione del bambino al Sistema Snaitario Nazionale (SSN)

Per l’iscrizione al Servizio Sanitario è necessario avere il codice fiscale del bambino, che viene rilasciato dall’Agenzia delle Entrate. Con questo documento è necessario recarsi agli uffici della ASL (Ufficio Scelta e Revoca) ove, al momento dell’iscrizione del bambino al Servizio Sanitario, si sceglierà un pediatra tra quelli disponibili nella zona di residenza. Dove non ci sono pediatri disponbili il neonato può essere iscritto al medico di medicina generale. Con tale atto il bambino può accedere a tutti i servizi previsti dal Sistema Sanitario Regionale per i cittadini minorenni.

L’ interruzione volontaria di gravidanza – legge 194/78

Oggi in Italia qualsiasi donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari.

Dal 1978 questo intervento è regolato dalla legge 194, “Norme per la tutela della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza” (pdf con il test originale di legge in calce) che sancisce le modalità del ricorso all’aborto volontario. L’intervento può essere effettuato presso le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.

L’IVG può essere praticata anche dopo i primi 90 giorni quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, oppure quando siano state accertate gravi anomalie del feto che potrebbero danneggiare la salute psicofisica della donna. In entrambi i casi, lo stato patologico deve essere accertato e documentato da un medico del servizio ostetrico e ginecologico.

La richiesta di IVG è effettuata personalmente dalla donna. Nel caso delle minorenni, è necessario l’assenso da parte di chi esercita la potestà o la tutela. Tuttavia se, entro i primi 90 giorni, chi esercita la potestà o la tutela è difficilmente consultabile o si rifiuta di dare l’assenso, è possibile ricorrere al giudice tutelare. Nel caso in cui la donna sia stata interdetta per infermità di mente, la richiesta di intervento deve essere fatta anche dal suo tutore o dal marito, che non sia legalmente separato.

La legge indica chiaramente che l’interruzione volontaria della gravidanza non è un mezzo per il controllo delle nascite. Il medico che accoglie la richiesta della donna e che rilascia il certificato è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna. In presenza di processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico che esegue l’interruzione della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari per la prevenzione di tali processi.

(https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_845_allegato.pdf)

Ginnastica post partum

Esercizi per ridurre l’iperlordosi lombare e tonificare i muscoli retti addominali, i pettorali, i glutei. Tutti gli esercizi vanno eseguiti con la contrazione dei glutei

1

1. Decubito supino, arti inferiori piegati con i piedi appoggiate braccia lungo i fianchi; inspirando compiere una retroversione del bacino spingendo verso l’alto la regione pubica e contrarre i glutei – mantenere la posizione in apnea per circa 8-10 secondi

13

2. Decubito supino, arti inferiori piegati con i piedi appoggiate braccia lungo i fianchi; inspirando avvicinare le ginocchia al petto – mantenere la posizione in apnea per circa 8-10 secondi

3

3. L’esercizio precedente deve essere eseguito unendo, durante l’avvicinamento delle ginocchia al petto, la flessione del capo avanti. In tal modo l’esecuzione risulta più intensa ed interessa anche i pettorali

4

4. Decubito supino, arti inferiori piegati con i piedi appoggiate braccia lungo i fianchi; inspirando compiere una retroversione del bacino, contrarre i glutei, tendere le braccia avanti e flettere il capo in avanti, mantenere la posizione per 8-10 secondi

5

5. Stazione eretta, arti divaricati, piedi paralleli, braccia lungo i fianchi. Inspirando elevare le braccia passando per avanti, compiendo una retroversione del bacino quindi flettere il busto in avanti spirando e cercando di toccare con le mani le punte dei piedi poi appoggiando il palmo della mano al pavimento

6. Sedute, gambe incrociate, mani alla nuca; inspirando spingere le braccia in alto, palmi in avanti e divaricare gli alti inferiori; espirando flettere il busto avanti, mantenendo la posizione in apnea per 8-10 secondi

7

7. L’esercizio precedente può essere seguito partendo da arti inferiori tesi avanti

8

8. Sedute, arti inferiori incrociati, mani alla nuca; inspirare, flettere il busto in avanti espirando – l’espirazione deve durare8-10 secondi

Esercizi per i muscoli retti, addominali, obliqui e trasverso

9

9. Decubito supino, arti inferiori piegati, piedi a terra, braccia lungo i fianchi; inspirando avvicinare le ginocchia al petto e quindi stendere le gambe a squadra, rimanendo in apnea 8-10 secondi. Espirando ritornare nella posizione di partenza

10

10. Decubito supino, braccia in fuori, mani in presa palmare, arti inferiori a squadra; eseguire piccole oscillazioni laterali

11

11. Decubito supino, braccia in fuori, mani in presa palmare, arti inferiori a squadra; espirando far scendere gli arti inferiori lateralmente sino a terra, a destra; inspirando riportarli a squadra e ripetere a sin

12

12. Decubito supino, arti inferiori a squadra, braccia in fuori, mani in presa palmare; divaricare e riunire gli arti inferiori

Esercizi per i glutei

13

13. Decubito supino, arti inferiori piegati e divaricati, piedi appoggiati a terra; contraendo i glutei staccare il bacino da terra e spingerlo verso l’alto – mantenere la poizione per 8-10 secondi

14

14. In ginocchio, con le braccia tese e mani appoggiate a terra; sollevare un arto teso quindi flettere la gamba sulla coscia. Ripetere dal lato opposto

15

15. Sedute, arti inferiori tesi, braccia lungo i fianchi, mani appoggiate sul pavimento; spingendo con il braccio destro e staccando la mano da terra, rullare sul gluteo sinistro. Ripetere dal lato opposto

Esercizi per i pettorali

16

16. Sedute con le gambe incrociate, braccia in fuori, palmi in alto: slanciare le braccia indietro mantenendole tese

17

17. Sedute con le gambe incrociate, braccia in alto, slanciare le braccia indietro oltre le verticale, in forma elastica

18

18. Stazione eretta, arti inferiori divaricati, braccia tese e incrociate avanti, mani a pugno; incrociare gli avambracci alternativamente

19

19. Stazione eretta, arti inferiori divaricati, braccia a candeliere; slanciarle indietro informa elastica

Esercizi per gli arti inferiori

20

20. Stazione eretta, bracca tese e mani appoggiate al muro; sollevando il tallone e mantenendo l’arto disteso, slanciare l’altro in fuori. Ripetere dall’altro lato

20a

21. L’esercizio precedente è più intenso se allo slancio si aggiunge un rimbalzo

21

22. Come l’esercizio 20 sostituendo allo slancio l’oscillazione in dentro e in fuori, mantenendo il piede teso

Esercizi per il punto vita

22

23. Stazione eretta, arti inferiori divaricati, mani ai fianchi; flettere il busto lateralmente

23

24. Stazione eretta, arti inferiori divaricati, braccia flesse, mani al petto; torsione laterale del busto

24

25. Sul ginocchio sinistro, arto destro teso in fuori, flettere il busto lateralmente sull’arto teso. Ripetere dall’altro lato

25

26. Sulle gnocchia, braccia conserte, sedersi a destra poi a sinistra

27.Durante la minzione interrompere momentaneamente il flusso delle urine e poi rilasciare. Vanno eseguiti gruppi di 30 contrazioni consecutive. Ogni singola contrazione deve essere mantenuta per 8 secondi, dopodichè il muscolo deve essere completamente rilasciato (eventualmente effettuare una piccola spinta) per poi riprendere immediatamente la contrazione successiva.

28. Posizione supina, gambe lievemente divaricate ginocchia flesse. Contrarre il muscolo pubococcigeo (immaginando di trattenere il bisogno imperioso di urinare) per5 secondi, seguito da un riposo di 10 secondi. Ripetere 10 volte. Inspirare durante il rilassamento ed espirare durante la contrazione

27
29. Posizione supina, bacino leggermente sollevato mediante un cuscino, gambe piegate, piedi a terra incrociati. Tenere stretta con la parte interna delle ginocchia una palla indeformabile di circa 20 cm. Sollevare il bacino il più possibile espirandoe ritornare alla posizione di partenza espirando. Ripetere 10 volte

Allattamento

L’ALLATTAMENTO:

Porre il bambino al seno il più precocemente possibile dopo il parto, assicurandosi che abbia una presa corretta dell’areola mammaria e favorire le suzioni frequenti aiutano ad avere una “montata lattea” non dolorosa. Qualche impacco freddo  tra le poppate e la spremitura manuale ell’areola  riducono la tensione e facilitare la suzione .
Per facilitare la presa dell’areola posizionare il bambino con il naso all’altezza del capezzolo. Il neonato di riflesso alzerà la testa verso l’alto spalancando la bocca.

Se il neonato è attaccato bene, si dovrà vedere parte dell’areola superiore mentre la parte inferiore sarà interamente all’interno della bocca del neonato

Posizioni consigliate per l’allattamento al seno

POSIZIONE A CULLA
La mamma è seduta, il neonato viene tenuto “pancia contro pancia”. La testa del neonato appoggia sull’avambraccio verso il gomito, per questa ragione è bene che il braccio sia appoggiato affinché non si stanchi troppo in fretta.

POSIZIONE A PALLA DI RUGBY
Il neonato è tenuto sotto braccio come una palla di rugby: appoggiato al fianco della mamma con le gambe verso la schiena della mamma. E’ una posizione utilizzata spesso nei casi di difficoltà nell’allattamento.

POSIZIONE INCROCIATA
La testa e la schiena del neonato sono sostenute dalla mano e dall’avambraccio della mamma opposti alla mammella che deve allattare

POSIZIONE A LETTO
E’ molto indicata nel periodo immediatamente dopo il parto. Il neonato è sdraiato “pancia contro pancia” con il collo dritto o leggermente piegato all’indietro

Il sonno del neonato

LE 10 REGOLE D’ORO  PER IL SONNO SICURO DEL NEONATO

1. Nei primi mesi di vita posizionate sempre il bambino a pancia in su, sia durante il riposino diurno che durante il riposo notturno. Questa posizione è la più sicura, e va  ottenuta ogni volta che il bambino dorme. Non fatelo dormire a pancia sotto né sul  fianco.

2. Fate dormire il bambino su materassi rigidi. Non utilizzare cuscini, coperte, piumoni o altre superfici morbide ingombranti almeno fino a 6 mesi di vita.

3. Tenete oggetti soffici, giochi, biancheria sfusa fuori dal letto del bambino.

4. Fate dormire il bambino nella vostra stanza ma non nel letto con voi o con i suoi fratelli. Mettere sempre il vostro bambino nel suo letto dopo l’allattamento.

5. Non coprire eccessivamente il bambino durante il sonno, non avvolgetelo stretto  nella coperta. Vestite il bambino con indumenti leggeri. La temperatura della  stanza deve essere confortevole come per l’adulto (la temperatura ideale è 18-20° C).

6. Se ha la febbre può avere bisogno di essere coperto di meno, mai di più.

7. Non permette a nessuno di fumare vicino al bambino. Non fumate prima e dopo la nascita di vostro figlio, e non permettete ad altri di farlo. Non tenete il bambino in  ambienti dove si fuma o si è fumato.

8. Potete usare il succhiotto durante il sonno, tuttavia è importante introdurlo dopo il  primo mese di vita e sospenderlo durante entro l’anno. Il succhiotto scelto deve  essere ortodonticamente adeguato all’età del bambino, con una mascherina  rigida e di forma anatomica, conforme alla norma di sicurezza Europea EN 1400, garantita da apposito riferimento sulla confezione.  Non forzate il bambino se lo  rifiuta. Se il bambino durante la notte perde il ciuccio non va reintrodotto. Evitare sempre sostanze edulcoranti in cui intingere il ciuccio.

9. E’ controindicato utilizzare prodotti che vengono pubblicizzati per monitorizzare il sonno del vostro bambino, in quanto si sono dimostrati di scarsa efficacia e sicurezza.

10. Allatta il tuo bambino al seno, il latte materno è il migliore alimento.

AVVISO IMPORTANTE:

Da Marzo 2024 la sede operativa di
MEDICI MESOTES Milano si trasferirà in Via Alberto Mario, 20 – 20149 MILANO

PER PRENOTAZIONI:

DA TELEFONO

02.76002198

DA SITO WEB

https://www.medicimesotes.it

Richiesta di consulenza online

Richiesta di consulenza online

Il servizio di consulenza online viene fornito a pagamento, il cui costo è variabile a seconda dei casi e viene specificato prima dell' inizio stesso del servizio.