Il carcinoma dell’endometrio è la neoplasia ginecologica più frequente in Italia e nei Paesi sviluppati; l’incidenza è in aumento. Si manifesta raramente sotto i 40 anni, presentando un incremento del rischio in fase post menopausale. La prognosi generalmente è buona in quanto nella grande maggioranza dei casi il tumore è diagnosticato quando la malattia è confinata al corpo uterino. La sopravvivenza globale è circa del 75% e dipende dallo stadio (rappresentante la diffusione della malattia) e dall’istotipo alla diagnosi.
PRECANCEROSI DEL CARCINOMA ENDOMETRIALE: L’IPERPLASIA ATIPICA
Il tipo più frequente di carcinoma endometriale (tipo 1) è spesso preceduto da forme di precancerosi che vanno sotto il nome di iperplasia atipica. Queste vanno distinte dalle iperplasie semplici o complesse, forme benigne che rappresentano solo un fattore di rischio per lo sviluppo di precancerosi e carcinomi endometriali. In caso di iperplasia atipica in post-menopausa è preferibile asportare l’utero; quando la diagnosi riguarda donne con desiderio di prole è possibile un trattamento farmacologico conservativo (con progestinici) fino all’ottenimento della gravidanza. Anche le iperplasie semplici e complesse non atipiche si giovano di un trattamento ormonale.
DIAGNOSI PRECOCE
La buona prognosi del tumore dell’endometrio è legata molteplici fattori favorevoli. La neoplasia insorge in generale in menopausa perché il ciclo mestruale comporta un rinnovamento mensile dell’endometrio ed è perciò protettivo. Quando il tumore si forma tipicamente sanguina: questo segnale in menopausa è anomalo e rappresenta motivo di consulto specialistico, il tumore è quindi diagnosticato presto perché precocemente sintomatico. Inoltre l’utero è un muscolo con pareti molto spesse quindi in genere quando si arriva alla diagnosi il tumore è ancora confinato alla parte più interna dell’organo e la rimozione dell’utero, comporta nella maggioranza dei casi la guarigione.
SCREENING NELLE DONNE AD ALTO RISCHIO
Lo screening per il tumore dell’endometrio nelle donne asintomatiche non è raccomandato poiché non sono stati osservati reali benefici in termini di riduzione di mortalità. Tuttavia vi sono categorie di donne ad alto rischio di tumore endometriale per le quali esistono raccomandazioni di screening (utilizzatrici di Tamoxifene -1- sindrome di Lynch -2-) basate sui presunti benefici della diagnosi precoce, anche se non esistono studi che dimostrano una riduzione della mortalità associata alla patologia. In caso di donne a rischio elevato sono state proposte per lo screening l’ecografia ginecologica trans-vaginale con la misurazione della rima endometriale ed eventuale campionamento (biopsia) endometriale.
(1) Il tamoxifene è un farmaco antitumorale assunto via orale e appartenente alla famiglia dei modulatori selettivi del recettore degli estrogeni. Il farmaco inibisce gli effetti degli estrogeni, gli ormoni femminili, deacetilando gli istoni, quindi annullando gli effetti del legame estrogeno-recettore al DNA. Questo è utile in quanto, spesso, le cellule cancerose del tumore al seno traggono giovamento proprio da questi ormoni. Numerosi studi hanno dimostrato che il tamoxifene a causa dell’effetto pro-estrogenico sull’endometrio aumenta l’incidenza di tumori uterini. Il rischio di induzione di carcinomi endometriali è più pronunciato nelle donne in post-menopausa, nelle obese e in quelle precedentemente sottoposte a HRT (terapia ormonale sostitutiva). Un carcinoma endometriale si sviluppa nello 0.5-1% delle donne che assumono tamoxifene per cinque anni, con un rischio triplicato rispetto ai controlli. Inoltre il tamoxifene può indurre iperplasia endometriale e polipi. Attualmente si ritiene che le neoplasie endometriali indotte da tamoxifene non abbiano caratteristiche di malignità superiori ai carcinomi riscontrati nella popolazione generale.
(2) La sindrome di Lynch (conosciuta anche come: cancro colorettale ereditario non poliposico, o carcinosi ereditaria del colon-retto su base non poliposica, Hereditary Non-Polyposis Colon Cancer – HNPCC) è una forma ereditaria di tumore al colon con trasmissione dominante, il che significa che ha una probabilità del 50% di manifestarsi nei figli di chi ne è affetto. Diversamente dalla poliposi adenomatosa familiare, la predisposizione allo sviluppo della malattia non si manifesta con la comparsa di polipi, ma direttamente con lo sviluppo del tumore al colon, in genere intorno ai 45 anni di età. Questa la manifestazione principale della sindrome di Lynch I, mentre quella di tipo II comprende, oltre al tumore del colon, altre possibili neoplasie a livello dell’endometrio, dell’ovaio, dello stomaco, del tratto urinario, dei dotti biliari. Le donne con la sindrome di Lynch (LS) hanno un rischio del 40-60% di sviluppare un tumore endometriale e di circa 10-15% di tumore ovarico. Molte strategie di screening sono state studiate ma l’efficacia reale dello screening endometriale rimane incerta. Sicuramente lo screening svolge un ruolo fondamentale nel gruppo di donne ad alto rischio che vogliono evitare una chirurgia profilattica. Le principali linee guida consigliano uno screening a partire dai 30-35 anni con ecografia ginecologica TV semestrale e campionamento endometriale annuale.