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La tinta in gravidanza (e allattamento)

In gravidanza

La tinta in gravidanza (e allattamento)

La colorazione e la decolorazione dei capelli sono trattamenti che riguardano il fusto, ovvero la parte del capello che emerge dal cuoio capelluto. Tuttavia, le sostanze impiegate possono, anche se in minima parte, penetrare nell’organismo ed essere assorbite attraverso i vasi sanguigni che arrivano al cuoio capelluto.

Per questo motivo, tingersi i capelli sarebbe un trattamento da evitare del tutto durante la gravidanza in quanto c’è il rischio che alcuni elementi chimici che si trovano nelle tinture siano dannosi per la formazione dell’embrione.

Il primo trimestre è il periodo più importante e delicato per lo sviluppo del bambino, perché è proprio in questi primi tre mesi che avviene l’organogenesi.
Se la convivenza con qualche capello bianco o con un’antiestetica ricrescita è intollerabile, tingersi i capelli dopo il terzo è sicuramente meno pericoloso rispetto al primo trimestre, ma è assolutamente consigliato usare tinte senza ammoniaca (elemento chimico che permette al capello di aprire le cuticole per far penetrare il pigmento colorante) e senza resorcina (elemento chimico che serve per la preparazione dei coloranti).
Queste sostanze infatti sono in grado di attraversare la barriera placentare e vengono quindi assorbite dal feto: seppur in dosi minime, potrebbero essere nocive.
Meglio dunque optare per le tinture a base vegetale o per l’henne.
Quest’ultimo non ha una copertura totale della colorazione del capello e ha una durata monitore delle altre tinte; tuttavia ha il grosso vantaggio di essere un colorante del tutto naturale ed è quindi sicuramente meno tossico di qualsiasi altra cosa.
In alternativa, per confondere gli antiestetici capelli bianchi, potete ricorrere alle mecche/colpi di sole: il decolorante che viene utilizzato, a patto che non venga a contatto con il cuoio capelluto, non comporta alcun pericolo né per la futura mamma né per il feto.

Durante‘l’allattamento occorre tenere presente che tutto ci che è assorbito dall’organismo della madre viene trasmesso al bambino attraverso il latte materno.
Quindi, anche in questo caso, sarebbe meglio evitare le colorazioni ai capelli.
Tuttavia, se proprio è indispensabile, dovete seguire le stesse regole citate riguardo alle tinture in gravidanza.”

Tinte “safe” sono quelle senza ammoniaca e resorcina

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Antistaminici in gravidanza

Gli antistaminici sono farmaci di grande diffusione e largo impiego in quanto vengono prescritti per patologie molto diffuse come l’orticaria, la congiuntivite, la rinite allergica, l’asma e la sintomatologia atopica in generale, inoltre vi sono delle associazioni che vengono prescritte come sedativi, antiemetici, antinausea, antiprurito. E’ quindi evidente che una assunzione in gravidanza (accidentale o prescritta per sintomi legati alla gravidanza) non è un evento così improbabile.

La larga diffusione degli antistaminici è anche legata alla possibilità, per alcuni di essi, dell’autoprescrizione in quanto sono contenuti in alcuni prodotti da banco. Di seguito diamo alcune informazioni per gli antistaminici più utilizzati in Italia.

Cetirizina: metabolita attivo della idrossizina, antagonista dei recettori H1 per l’istamina. I dati sull’uso di tale sostanza nella specie umana sono scarsi. Secondo tre studi eseguiti su piccoli gruppi di donne trattate in gravidanza (16, 33 e 55 donne), l’incidenza di anomalia congenita nei neonati non è stata più grande dell’atteso. Anche gli studi eseguiti nell’animale da esperimento confermano tale dato.

Relativamente più numerose sono le informazioni riguardanti l’idrossizina. In un gruppo di 183 donne trattate nel primo trimestre la frequenza di malformazioni congenite, nei neonati esposti in utero, non era significativamente superiore a quella attesa, né era stato osservato un pattern specifico di malformazioni.

Loratidina: farmaco ad attività antiistaminica, senza attività sedativa. Uno studio eseguito su 210 donne che avevano assunto tale farmaco in gravidanza (163 nel primo trimestre) segnala che la frequenza di aborti spontanei e di malformazione congenita era stata quella attesa. Se assunto dalla donna durante l’allattamento al seno, il bambino potrebbe presentare irritabilità e ipereccitabilità. Inoltre, a causa della attività anticolinergica, potrebbe ridurre la produzione di latte. E’ verosimile, comunque, che la produzione di latte ritornerà ottimale, dopo la sospensione della terapia. Un altro effetto che si potrebbe vedere nel neonato allattato al seno, è la comparsa di una lieve sonnolenza con riduzione della suzione. Se si verificasse tale evento potrebbe essere meglio sospendere l’allattamento al seno utilizzando latte di formula.

Tali informazioni sono valide anche per la desloratidina, che è un metabolita della loratidina. Fexofenadina: altro antistaminico che non causa sonnolenza. Non esistono studi epidemiologici che riguardino il suo uso da parte di donne in gravidanza, in relazione ad eventuali effetti fetali. Dato che il farmaco è il metabolita attivo della terfenadina, abbiamo cercato informazioni anche su tale farmaco (ritirato volontariamente, per tossicità cardiovascolare, in quasi tutto il mondo ma in Italia rimane in commercio la specialità Allerzil®). Vengono segnalati numerosi gruppi di donne che avevano assunto terfenadina in gravidanza: l’incidenza di anomalie nei loro nati non era stata più grande dell’atteso che, lo ricordiamo, è il 3% circa.

Ketotifene: farmaco che blocca i recettori H della istamina ed interferisce con la funzione delle mast cellule, per questo motivo può agire come antiallergico e anche come vero e proprio anti-asmatico. Non sono disponibili informazioni riguardanti gli effetti sul neonato, in caso di assunzione materna in gravidanza. Nell’animale da esperimento, somministrato ad alti dosaggi, non ha causato alcun aumento di malformazioni congenite, ma un ridotto peso neonatale ed una ridotta sopravvivenza.

Concludendo possiamo dire che alcuni antistaminici si sono rilevati teratogeni nell’animale ma non nell’uomo, però per alcuni di essi le informazioni sono ancora insufficienti a stabilire la reale innocuità. Le evidenze disponibili attualmente indicano che l’esposizione ad antistaminici di prima generazione durante la gravidanza non è associata ad aumento del rischio di malformazioni maggiori o ad altri effetti avversi fetali. Sebbene vi siano poche evidenze sulle molecole di seconda generazione non è stato osservato un aumento del rischio di eventi avversi della gravidanza. Inoltre nessuno degli antistaminici è escreto nel latte materno in quantità apprezzabile da poter procurare effetti nocivi per il neonato. Come al solito, quindi,  l’atteggiamento più prudente è quello di evitare di prescrivere nuove molecole e farlo solo se necessario.

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